venerdì 21 dicembre 2007

[intervista] Leonardo Ortolani

Un Rat-Dylan di fronte a uno sbalordito Rat-Baby.
Disegno inedito di Leo Ortolani realizzato per me nel 1996 (credo...)

Leo è sempre ben disposto a parlare. Sì, anche per telefono. Ma è meglio tramite e-mail. In un caso o nell'altro non si nega mai. Questa intervista risale a un po' di tempo fa. Credo fosse il febbraio (o marzo?) del 2004. La versione televisiva di Rat-Man -già molto conosciuto e ormai prossimo all'esplosione di consensi che di lì a poco lo avrebbe reso ancora più famoso- era ancora in gestazione. E così l'autore di Rat-Man, l'antieroe più celebre dei fumetti, si racconta. Anzi, così si è raccontato. Molto prima che altri eventi accadessero...

Caro Leo, nasci a Pisa nel 1967. E un anno dopo ti trasferisci a Parma. Immagino tu sappia della storica rivalità tra lucchesi e pisani. Ecco, allora dimmi: essere stato almeno per un anno "pisano" ti inorgoglisce, o...
Sì, ne ho sempre fatto motivo di vanto ogni qual volta mi chiedevano, qua a Parma, dove fossi nato. Con quello strano accento…Era un po' come per Superman dire che veniva da Krypton. Poi, specialmente nel corso degli ultimi anni, per affetto verso la città in cui vivo e dove è nato anche Rat-Man, mi considero parmigiano di adozione. Invece non mi ha mai toccato la faccenda delle rivalità tra le città toscane, rivalità che anche qua c'è tra Parma e Reggio Emilia. Appena posso, io che sono pisano (!) acquisto sempre Il Vernacoliere, che è un piacere! L'ultima volta che sono passato dalla Toscana, mi sono preso il volumone finale di Luana, di Daniele Caluri. Che, nonostante ci si messaggi sempre prima della manifestazione lucchese, non sono ancora riuscito a incontrare.

Nella tua storia (personale e professionale) Pisa ritorna quando meno te l'aspetti. Parlo della fanzine Made in Usa. Solo una coincidenza?
Non lo so… Ma in fondo è bello anche questo. Mi ricordo che la prima volta che venni alla Fiera del fumetto di Lucca (marzo 1990), furono proprio loro, i ragazzi di MADE IN USA, a farmi da guida nel variopinto mondo del fumetto. Una 24 ore di "full immersion" dove mi vennero mostrate le luci e le ombre di tutto ciò che ruotava intorno a questo mondo. Passai quindi la notte proprio a Pisa, da uno dei ragazzi della fanzine. E poi al mattino, alle cinque, mi recai a prendere il treno alla stazione. Mentre camminavo per le strade della città pensai come fosse strano che Pisa mi avesse visto fugacemente per poche ore, dopo tanto tempo, e che adesso mi vedeva andare via lesto lesto, all'alba, come un ladro. Ma in fondo il patrono di Pisa è pur sempre San Ranieri, il protettore dei ladri! Il sodalizio con MADE IN USA è nato allora ed è proseguito fino alla chiusura dell'ultimo numero, di cui ricorre adesso il decennale. Posso dire che, a parte il concorso SPOT che mi diede la possibilità di uscire alla ribalta, furono proprio loro, i ragazzi "pisani" (la maggior parte di loro erano a Pisa per studi universitari) a lanciarmi nel mondo del fumetto, con allegria, disincanto e un bicchiere di vino rosso. Insomma, Pisa mi ha fatto "nascere" due volte.

Ma cominciamo dal principio. Ricordo la prima volta che ti ho incontrato. Credo fosse il 1996, a Lucca Comics. Mi hai fatto un bel disegno, io ho comprato lo "Squalo", tu me l'hai firmato e io ti ho chiesto di Rat-Man - che al tempo (almeno a Lucca) era introvabile -. Se non sbaglio è proprio a Lucca che hai affrontato per la prima volta il grande pubblico. Vuoi raccontarci com'è andata?
Ho avuto diverse "prime volte" a Lucca con il grande pubblico. Nel 1990 per la prima volta fui premiato. Era il concorso SPOT organizzato da Comic Art. Fui premiato per Rat-Man, manco a farlo apposta. "Miglior sceneggiatore esordiente". Per la prima volta salii su un palcoscenico davanti a tanta gente che applaudiva, disinvolto come se fossi stato appena tolto dal freezer. La prima volta che mi ritrovai invece nello stand di una casa editrice, fu nel 1992, con la STAR COMICS. Luca Boschi mi aveva preso a bordo della rivista Star Comix a realizzare storie con i suoi personaggi e mi trovai appunto allo stand per fare disegni ai lettori, insieme ad altri autori tra cui Boschi, Mazzotta e Greg. Naturalmente mi tremavano le mani. Prima ancora che potessi sedermi, qualcuno mi gridò "Leo, mi fai Rat-Man?". Rat-Man mi portò poi a Lucca nel novembre 1995, dove sbarcai con il primo numero autoprodotto. Con piacere notavo che molti se lo ricordavano ancora dai tempi di SPOT, e l'avevano visto in seguito su MADE IN USA. Nel 1996, quando ci siamo incontrati, ero passato alle Edizioni BD di Andrea Rivi, ma il problema della distribuzione era ancora il primo nemico alla diffusione del Ratto. Ci pensò la Panini nella Lucca novembrina dello stesso anno a propormi il tentativo delle edicole. Nel 1997 Rat-Man arrivò a Lucca come albo Panini e da allora lo è rimasto facendo del suo meglio.

Nell'ultima edizione di Lucca Comics lo stand della Panini era "infestato" da Rat-Man. E i ragazzi dietro la bancarella indossavano tutti Rat-magliette. Soddisfatto?
Molto, ovviamente! Alla Panini vogliono molto bene a Rat-Man e da parte mia cerco di non deludere la loro fiducia. Ovviamente se mi clonassero potrebbero avere il mensile, ma la bimestralità è il prezzo da pagare per la qualità. O almeno per avere un albo che soddisfi prima di tutto me stesso.

Credi che la mostra mercato di Lucca rappresenti ancora una vetrina importante per i giovani autori?
Non lo so, ma credo di sì. Molte cose sono cambiate da quando facevo autoproduzione io… E' arrivato internet, con le sue possibilità di raggiungere chiunque e ovunque. Però a Lucca è indubbio che puoi avere i contatti "umani". Che sono fondamentali per chi vuole confrontarsi con questo mondo.

Ora basta parlare di Lucca e della mostra. Mi interesserebbe di più sapere le difficoltà che il "pioniere" Ortolani ha affrontato nell'autoproduzione di Rat-Man. Sceneggiare, disegnare, inchiostrare, stampare e distribuire tutto da solo non deve essere stato facile.
No, facile non lo è stato. Ma esaltante sì. Mi sono interessato a tutti i processi produttivi che portano un albo, anche piccolo come lo era il mio primo Ratto, per capire come funzionavano le cose e come sfruttarle al massimo, per ottenere il massimo risultato con il… massimo sforzo. Non posso dire il "minimo" sforzo perché mi sono fatto un "ratto" così. Seguivo personalmente i processi per l'impaginazione e la stampa, mentre mi affidavo per la parte burocratica ed economica a editori indipendenti. Prima Marcello Toninelli e poi Andrea Rivi. Anche i rapporti con la grande distribuzione e con i negozi di fumetti li seguivo da vicinissimo insieme a loro, visto che dalle vendite dipendeva la sorte dell'albo. Nei ritagli di tempo scrivevo, disegnavo, inchiostravo. Alla fine di tutto il processo dovevo ripartire, perché era già ora di pensare all'albo successivo. Seguendo infatti tutte queste cose (in più cercavo di partecipare a tutte le fiere che potevo raggiungere e promuovevo l'albo nelle fumetterie) il tempo per fare più di 24 pagine ogni due mesi era davvero poco. Se penso che adesso riesco a produrne anche 40/45 ogni due mesi, puoi calcolare quanto tempo dedicassi alla macchina produttiva.

Poi è arrivata la Panini. E infine la consacrazione con un volume pubblicato nella collana di Repubblica, i Classici del Fumetto. Cosa è cambiato?
Come dicevo prima, il cambiamento più bello è che adesso devo occuparmi soltanto di realizzare le mie storie. Con la massima libertà e il massimo godimento, aggiungerei. E spero che questo il lettore lo evinca dalle storie prodotte. L'organizzazione e il coordinamento della serie, affidati alle capaci mani di Andrea Plazzi, permettono al tutto di arrivare in edicola senza fiatone e con eleganza, mentre dietro le quinte siamo magari stremati dalle corse fatte per rimediare a ritardi e altri problemi tecnici che ci possono sempre essere. Lo staff di Repubblica che coordina la collana tuttora in corso, ha poi accolto la proposta della Panini di fare apparire il ratto nella collana, dopo averne letto le storie selezionate e avere riso. E' una bella soddisfazione per la fiducia della Panini nel personaggio in primo luogo, e per la conferma avuta dalla redazione di Repubblica in secondo. In terzo luogo è arrivata anche la soddisfazione di una conferma di gradimento da parte di un pubblico più vasto, che ha acquistato il volume e poi è andato a cercare gli arretrati di Rat-Man.

La colorazione delle copertine di Rat-Man è affidata a un altro Ortolani, tuo fratello Lorenzo. Anche con ottimi risultati. Un sodalizio proficuo?
Lorenzo, che ancora deve essere scoperto e apprezzato in maniera degna dall'editoria italiana del fumetto, è secondo me un colorista versatile e straordinario. E non lo dico perché è mio fratello, ma perché fa cose che pochi, a livello mondiale, riescono a fare. Basta guardare le altre copertine colorate al computer e confrontarle con le sue. Le soluzioni di luci e colori lasciano spesso senza parole anche me.

A proposito di familiari, com'è la vita di una donna al fianco di un disegnatore? Mi riferisco a Caterina, ovviamente. Preferiva forse il "Leonardo geologo"?
Ma… il geologo non l'ha conosciuto, come del resto l'ho conosciuto poco anch'io. Il marito fumettista è una delle figure familiari più temute dalle mogli. Spesso irritabile e depresso, dai ritmi di lavoro disumani che lo isolano dal mondo reale per settimane, mesi, anni… Ogni volta che deve affrontare una storia nuova si aggira per la casa mormorando "non mi viene più niente… è la fine, è la fine… sono rovinato". No, povera donna, non è facile!

Hai voglia di raccontarci, in estrema sintesi, una tua giornata tipo?
Non esiste una mia giornata tipo. Mi alzo tardi. Al più, se proprio devo fare delle cose, alle 8,30, ma di solito dopo le 9. Ciondolo per casa un po'. Verso le dieci mi metto a lavorare. Se devo scrivere. Se devo disegnare sono già al lavoro dalle 9. Se scrivo perdo tempo in mille modi, ma in effetti è solo per dare tempo alla mente di trovare le soluzioni, una volta impostato il problema. Non si vede da fuori, ma sono capace di cercare una battuta per giorni, senza smettere un attimo. Almeno con una parte del cervello sono sempre al lavoro. Pranzo. Ciondolo un po' fino alle due e mezza e poi riprendo la triste ricerca di frasi e trame e scene da mettere nella storia. Se scrivo. Se disegno, dopo aver fatto al mattino le matite, al pomeriggio faccio le chine. Di solito disegno 3-4 pagine al giorno, ma non sempre rispetto il ritmo. Vado avanti fino a sera. Dopo cena magari esco con mia moglie, cinema, oppure con amici e la serata finisce che facciamo tardi fuori. Oppure se scrivo, continuo a scrivere, fin verso le tre del mattino. Come ripeto, però, non tutti i miei giorni sono così.

Conoscendo la vita privata di un autore pensi si possa capire meglio anche il suo lavoro?
Sì, noti cose che non notavi prima. Ma non è necessario. L'importante è che il lavoro ti piaccia così com'è.

Prendiamo ad esempio l'Ultima burba. Quanto c'è di autobiografico?
Parecchio. E' ovvio che le battute sono spesso inventate (e dico "spesso"). Ma l'atmosfera, lo spirito che le pervade è quello che c'era attorno a me in caserma. Questo vale per ogni cosa che un autore scrive. C'è sempre qualcosa di se stessi. Deve essere così. Guai se non lo fosse, perché sentiresti che in ciò che ti viene proposto non c'è l'anima dello scrivente. E questa cosa fa la differenza.

Molti autori disegnano storie scritte da altri. Tu, in controtendenza, realizzi sceneggiature per te stesso e non solo. Penso alle strisce delle Sturmtruppen disegnate da Clod. Non c'è il rischio di restare a corto di idee?
Nessun problema. Semmai il problema è avere il tempo di realizzarle tutte.

I tuoi fumetti si caratterizzano per l'umorismo pungente, per l'ironia mai scontata, per le gag sempre nuove. Dove trovi gli spunti?
Vivendo. Guardandomi attorno. E annotandomele su foglietti di carta appena ne trovo una bella.

Quanto è importante il linguaggio? Sia nel fumetto sia nel vivere quotidiano.
Nel mio caso moltissimo, visto che costruisco le gag con esso, avendo cura di soppesare le alchimie che danno alcune parole anziché altre, con il bilancino da farmacista. E' incredibile come cambino le battute formulandole in modi apparentemente simili. L'operazione di scrittura riveste infatti per me l'operazione più delicata, in cui lavoro di fino anche nelle sospensioni, nelle pause, in tutto ciò che mi porta a creare un'atmosfera nella narrazione, i dialoghi e le gag.

Nella tua carriera hai mai copiato battute, strisce o vignette? Sei mai stato copiato?
Ogni tanto ho usato vecchie battute nelle mie storie, come un omaggio alle battute "classiche". Non è successo molte volte. Tre o quattro volte, credo, tipo nel primo numero "Io entro, copritemi" e nella vignetta dopo ha un lenzuolo sopra. So che molte delle mie invece sono state usate per animare spettacoli teatrali, le ho sentite in tv da cabarettisti di Zelig e sono state spedite come aforismi dal server di Buongiorno.it. Spesso tutto ciò con il mio beneplacito. A volte no. Il destino di una bella battuta è che poi venga usata e diventi di dominio pubblico, quindi c'è poco da essere gelosi. Semmai un pochino orgogliosi. Ho visto inoltre molti lavori di lettori che amano destreggiarsi con il fumetto e hanno preso a ispirazione i miei disegni per sviluppare un loro stile. Tutto questo è lusinghiero, anche se spero di non diventare un esempio da seguire, visto che nelle mie tavole ci sono carenze grafiche di ogni tipo.

Perché i tuoi personaggi hanno tutti il volto di una scimmia?
Perché la prima carenza grafica fu quella di non avere assolutamente dimestichezza con il volto umano. E ripiegai immediatamente su volti da scimmia, che potevo fare "pupazzosi" e mi venivano più naturali. Da allora (1976) le cose sono rimaste così alla faccia dell'evoluzione della specie.

Se non fosse stata la scimmia a ispirarti, avrebbe potuto essere…
Avevo già provato con altri pupazzi. Il primissimo personaggio che disegnavo era un topo. Guarda caso… Ovviamente il tutto aveva radici nelle letture Disney!

Rat-Man ha sempre nuovi fans. Ci sono possibilità che, visto il suo successo, sbarchi anche sul mercato internazionale? Qualche pubblicazione all'estero è già stata distribuita…
Rat-Man è un prodotto particolare. Non lo reputo per grandi masse. Non perché come la volpe non arrivi all'uva, che con tutti quei semini non mi piace e poi è acerba in questa stagione. Ma perché ho uno sguardo realista sul prodotto. Se poi mi sbaglio sarò ben contento di ammetterlo. Detto questo, la pubblicazione all'estero, tentata solo sul mercato spagnolo, non ha fatto in tempo a darci un polso della situazione, perché dopo tre numeri il distributore generale ha avuto un tracollo o simili, e tutte le testate a fumetti che distribuiva sono state bloccate. Compreso il Ratto, che poi è tornato a casa. L'intenzione di riprovarci rimane, ma a seguito di un altro evento.

Riusciremo a vedere Rat-Man sul grande schermo?
Che non è il cinema, come speravo all'inizio del mio coinvolgimento nel mondo dell'animazione. Ma è una possibile serie televisiva, la cui produzione potrebbe partire a breve come tra anni. Misteri di queste cose. In quel caso, la serie sarebbe distribuita su altri paesi e allora potrebbe seguire la serie a fumetti. Se poi la serie avesse successo, il mio sogno sarebbe quello di vederlo sul grande schermo, ovvio.

Il nostro supereroe con gli orecchi da topo avrà vita eterna?
No. Io sono del parere che le cose debbano avere un inizio, uno sviluppo e una fine. Non è (solo) una questione di fatica nel portare avanti una serie all'infinito, è proprio che conosco già come finirà Rat-Man e vi dico che non potrà continuare in eterno. Spero che il suo ricordo duri, questo è vero, ma niente di più. Dopo non so cosa farò. Mi piacerebbe comunque continuare a raccontare storie a fumetti, non potrei fare diversamente, magari realizzare un volume all'anno come il grande Will Eisner. Ecco, quello sarebbe il mio sogno.

Nelle tue storie si accavallano citazioni e parodie di straordinaria efficacia. A volte anche difficili da cogliere. Per poter citare occorre conoscere. So che sei un grande appassionato di cinema e lettura. Ma per avere una visione completa guardi e leggi di tutto oppure scegli? Voglio dire, sei disposto anche a guardare il Grande fratello per costruirci su una storia?
Se fosse necessario sì, ma stranamente non ci sarà mai una puntata sul Grande fratello. Chissà come mai…? Ho un interesse onnivoro che mi permette di spaziare un po' su tante cose, pur restando ovviamente più interessato ad alcune. Se proprio devo evitare qualcosa, evito le cose fatte a tavolino e senza passione. Se anche una cosa è apparentemente brutta, voglio sentire che chi l'ha fatta ci ha creduto davvero. A quel punto ha una ragione di esistere che va oltre la sua bruttezza.

Perché oggi i disegnatori hanno la tendenza a lavorare in proprio? Mi spiego: ognuno ha il suo sito internet e la sua rete di collaborazioni più o meno retribuite. Ma non esistono veri e propri gruppi di lavoro. Scelta o necessità?
Io lo faccio per scelta. Sono un solitario di natura e non mi è mai piaciuto lavorare in gruppo, perché ho dei ritmi di lavoro molto intensi e veloci che sarebbero difficili da seguire in un gruppo. Inoltre, quando lavoro, non mi concedo scorciatoie e non vengo a patti con niente, e questo potrebbe non essere condiviso dal gruppo, che per natura è più "rilassato".

Per i risultati raggiunti finora puoi ritenerti un uomo felice?
Sereno, sicuramente. Felice, ogni volta che posso. Cioè ogni volta che scrivo una storia.

Tutte le immagini © Leonardo Ortolani
www.rat-man.it

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